Martedì, 16 Aprile 2024

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Una vallata di tumori

Singolare che dopo un silenzio assordante sul tema della incidenza dei tumori in Umbria in tempo ravvicinato siano state tenute a Città di Castello due assemblee, a seguito dell’allarme lanciato dal Registro dei Tumori della Regione. Con i circa 3077 morti, media annuale del decennio 2007-2016, la nostra Regione si colloca ai primissimi posti per incidenza delle malattie neoplastiche in rapporto alla popolazione. Ma gli aspetti più rilevanti riguardano proprio l’Alto Tevere e l’area del ternano.

Per gli uomini, nel periodo considerato 2011 - 2015, Città di Castello registra 838,48 “nuovi Casi” ogni 100 mila abitanti, contro una media regionale di 752,4, e Terni ne registra 800,28 “nuovi casi”. Sotto la media invece si trovano i Comuni di Perugia (728,75) e Spoleto (721,76).

Per le donne Terni (563,63) supera Castello (561,27), attestandosi comunque entrambe sopra la media umbra (525,84). Anche i dati della mortalità vedono al top Città di Castello e Terni.

Dopo aver lanciato per anni l’allarme, finalmente si apre qualche spiraglio. Ma anche su questo terreno si trova il modo di dividersi e di guardarsi da lontano, come se la salute non fosse un tema comune. I due incontri, che hanno visto una interessata partecipazione di pubblico, hanno mostrato approcci diversi al problema e forse sarebbe il caso, su un terreno cosi delicato, di riuscire a superare barriere ideologiche e antipatie personali. E ormai assodato che c’e una ponderosa ricerca scientifica che valuta l’incidenza dei fattori ambientali nella insorgenza delle malattie non solo neoplastiche: basti pensare alle malattie autoimmuni.

Cosi come appare rilevante il progresso scientifico e tecnico in materia di contrasto dei tumori. Si tratta di due poli da tenere insieme e non da gestire in modo contrapposto, fermo restando che la prevenzione, in un territorio esposto come il nostro, deve entrare nella valutazione medicale e politica. Per l’Altotevere l’uso massivo di pesticidi nella coltivazione del tabacco, costituisce un fattore di rischio non più sottovalutabile. La comunità scientifica ha classificato i pesticidi tra i primi dieci prodotti sanitari

più cancerogeni esistenti.

Oggi la superficie di terreno agricolo coltivata a tabacco e diminuita, sostituita, in parte, dalla coltivazione del nocciolo, ugualmente inquinante, ed e in mano praticamente alle multinazionali, e alla Philip Morris in particolare, le quali operano in base al principio del profitto. La stessa Philip Morris, che finanzia i coltivatori di tabacco tiberini, sta investendo sulla “sigaretta verde” in Canada e negli Stati Uniti. E non si tratta di tabacco ecologico, ma di marijuana light utilizzata a scopo “ricreativo” non terapeutico. Un affare che vale oggi 30 miliardi di dollari. Oltre 200 milioni di americani sono già convertiti alla nuova moda. E la multinazionale ha acquistato la proprietà o i pacchetti di maggioranza di

tutte le aziende canadesi che trattano marijuana a scopo non terapeutico. Soldi e salute non viaggiano sullo stesso piano, per questo la tutela dell’ambiente diventa un fattore primario di prevenzione per la salute. Ma se la politica non sarà capace di favorire una “conversione ecologica”, tutto il resto, seppur necessario, non servirà allo scopo di ridurre la morbilità neoplastica.


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