In attesa di sapere se il Russiagate sia vero o falso, ciò che appare evidente è la palese difficoltà di Salvini. Dopo l’inchiesta de che coinvolge la Lega sia vero L’Espresso, Russiagala pubblicazione del Libro Nero della Lega e delle intercettazioni da parte dell’agenzia americana BuzzFeed, la finestra delle conferenze video di Salvini si fa sempre più stretta. La controprova sta nel fatto che Savoini abbia dichiarato di parlare a nome del partito, smentito tardivamente da tutti i capi che gli hanno dato del millantatore, ma senza che sia partita alcuna denuncia dalla sede di via Bellerio versus lo stesso Savoini. Il partito “rivoluzionario” conferma cosi di aver sempre avuto un rapporto diversamente contabile con il denaro.
All’inizio ci fu Bossi, che i soldi del partito li investiva in diamanti in Africa; poi venne il di lui figlio, detto “il Trota”, che guadagnava 10mila euro al mese senza nulla facere, nulla dicere, habe omnia (spendere tutto) e comprare lauree in Albania, sempre a spese del partito. Poi sono scomparsi i 49 milioni della Lega salviniana, di cui il leader giura di non sapere nulla, ma e stato condannato a risarcire allo Stato italiano in 60 anni. E, ora, la presunta trattativa di circa 65 milioni di euro, mazzetta da ricavare sulla fornitura di petrolio russo all’Eni.
Non importa sapere, come afferma Salvini, che non e stato speso un euro o un centesimo e che tutto e una bufala. Resta il fatto certo che trattativa c’e stata, e al di la degli esiti non andati a buon fine, lo scopo era quello di portare soldi nelle tasche del partito in cambio della svendita del paese, della sua sovranità, che sta tanto a cuore al sovranista Salvini e ai suo ascari.
E la storia che si ripete come farsa: servi dal Medio Evo in poi di questo o quel padrone, purchè in nome del popolo sovrano. Salvini nega, i 5stelle annaspano, la democrazia e a rischio, il Pd tentenna, gli intellettuali si dividono. Un’aria strana serpeggia nel Paese